mercoledì 14 ottobre 2009

Il resto aspetterà

Così noi ci facciamo il nostro bel ponticello sullo stretto: operetta mica da niente, a campata unica, dall’impatto ambientale e finanziario non chiari; in aggiunta, posta a due passi da dove la terra è smottata uccidendo decine di persone, non più di due settimane fa. Perché noi siamo i nipoti degli architetti ingegneri di Roma antica, quelli degli acquedotti ancora in piedi; siamo i figli di Brunelleschi e di Michelangelo, delle cupole maestose che sfidano ancor oggi la gravità.

Ma siamo, ahinoi, anche quelli del favoloso ponte di Calatrava sul Canal Grande: piccolino, eppure costantemente nella bufera (il vento, gli scivoloni, le barriere architettoniche). E siamo quelli della diga su al Vajont: perfetta funzionante e integra, bellissima e imponente. Purtroppo e inspiegabilmente, dentro c’è caduto un biscottone di roccia che ha provocato un inedito e surreale tsunami alpino, lavando via centinaia di persone. Siamo pure quelli della Valle di Sarno, delle costruzioni ‘n coppa o’Vesuvio, delle scuole i cui tetti franano sui banchi (un paio almeno, in questi ultimi giorni), delle case antisismiche di fantasia, del binario ferroviario unico e della Salerno-Reggio appaltata alle cosche. 

Poi, soprattutto, siamo quelli che non possono fare marcia indietro mai: vi abbiamo promesso il ponte, ne abbiamo fatto un simbolo della politica del fare; quindi ora cuccatevi ‘sto ponte.

Il resto aspetterà.

 

(e tanto non teniamo la grana)

 

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