domenica 2 agosto 2009

Misericordia

Un aborto è un aborto. La legge 194 ne disciplina la pratica ormai da 30 anni: in generale ha funzionato, visto che il numero di interruzioni di gravidanza è in costante calo e migliora invece la salute delle donne nel nostro paese. Immagino che la scelta di abortire sia un dramma enorme, per una persona; dubito sia presa a cuor leggero (ovviamente ci saranno le eccezioni: ma sono appunto eventi eccezionali e non si può pretendere che una legge normi il singolo caso). Il dibattito sulla liceità morale dell’aborto può pure essere accettabile, se si evita di condannare con la stigma dell’assassino chi ricorre a tale pratica. Per quanto mi riguarda, penso sia profondamente ingiusto costringere una donna  a portare avanti una gravidanza se non lo vuole; diversamente, è criminale costringere una donna ad abortire contro il suo volere.  Quindi se Buttiglione vuole condannare l’interruzione di gravidanza come metodo di controllo demografico, non ci vedo nulla di male e lo appoggio pure.

Mi sconcerta, invece, il polverone che la Chiesa fa sulla pillola abortiva ru486: le argomentazioni sono capziose, le minacce di nuove apocalissi morali sembrano non tenere conto della legge 194. Qui non si tratta di stabilire nuovamente se l’aborto debba essere legale o meno: si tratta semplicemente (e immagino quanto questo avverbio farebbe roteare gli occhi sconsolati del cardinal Bagnasco) di utilizzare un metodo alternativo e meno cruento per realizzare un intervento medico legale. Plaudiamo quando la chirurgia escogita metodiche meno invasive per il trattamento dei tumori; plaudiamo quando un nuovo farmaco evita di dover scoperchiare le pance (oggi, ad esempio, difficilmente si viene operati a causa di un’ulcera gastrica). Non c’è alcun valore conoscitivo o morale in una sofferenza che può essere evitata; il compito precipuo di qualsiasi medico che si rispetti è di evitare al paziente il dolore fisico e di minimizzargli i rischi quando opera su di lui. Mi rifiuto di credere che abortire sia meno penoso solo perchè non si subisce un raschiamento chirurgico.

4 commenti :

  1. Anonimo ha detto...

    Un editoriale del «New England Journal of Medicine» di quattro anni or sono aveva rivelato che, pur nella differenza di numeri assoluti, la mortalità in seguito all'aborto medico (o chimico) è dieci volte più alta di quella per aborto chirurgico, a dispetto della «favola» che vuole far credere più facile e moderno il ricorso al farmaco per l'interruzione di gravidanza.

    Laica Mente

  2. Verrocchio ha detto...

    Se vuoi intavolare un discorso scientifico su quale sia il metodo meno pericoloso per praticare un aborto, possiamo farlo: non ho preconcetti, ignoro lo studio che citi e non mi permetto di entrare nel merito. Immagino che in ospedale ci siano dei ginecologi preparati, in grado di scegliere il corretto trattamento per la singola paziente (che è il modo migliore per ridurre al minimo le complicanze in ogni atto medico); ovviamente se non sono in mala fede: ma allora parliamo di codice penale.

    Quello che critico è l'atteggiamento, che in parte mi pare sia anche il tuo (quando parli di "facile e moderno" lo usi come giudizio di valore in negativo), per cui usare un metodo meno cruento sia un modo per banalizzare l'aborto e per gettarci verso una deriva morale.

    In soldoni la domanda è: che differenza c'è tra un aborto chirurgico ed uno medico?
    (non citarmi i rischi per la donna: non è lì il punto e alla Cei di sicuro non interessano).

  3. Anonimo ha detto...

    Anche l'opinione che "i rischi per la donna alla Cei di sicuro non interessano" mi sembra un "giudizio di valore in negativo".

    Per rispondere alla tua domanda...
    Se consideri l'aborto "moralmente indifferente" (per usare parole di Giuliano Ferrara) e quindi paragonabile ad un qualsiasi anti-concezionale, allora non c'e' nessuna differenza tra aborto medico o chirurgico.

    Mandi
    Laica Mente

  4. Verrocchio ha detto...

    In effetti è un giudizio di valore in negativo, di sicuro: intendo dire che la questione salute della donna è usata sempre in senso strumentale, quando serve per andare contro la possibilità di abortire, mai in senso opposto (ricordo la vicenda della bambina scomunicata a 9 anni perchè fatta abortire, ad esempio).

    Considerare l'aborto come un anticoncezionale qualsiasi sarebbe da stolti (o da Giuliano Ferrara, per continuare a citare uno che di opportunismo è maestro); moralmente ci sta una grande differenza, è ovvio. Per quanto mi riguarda, l'aborto è lecito ma possibilmente da evitare: sta allo stato favorire politiche che lo riducano (e sembra che la 194 lo faccia), ma è della donna la scelta ultima. E continuo a pensare che non si possa costringere nessuna a tenere in corpo qualcosa che non vuole (sia esso anche un feto). Tu come la vedi? Peraltro, ancora non mi hai scritto in cosa aborto medico e chirurgico siano differenti.